Bio

Una bella fotografia giunge a me come un dono.
Era già presente nella mia memoria. Io l’ho riconosciuta.

Sono nata a Milano nel 1956 e dal 2000 vivo a Bergamo. Ho iniziato a fotografare nel 1992 frequentando la scuola “Donna Fotografa” di Giuliana Traverso.

Sono principalmente una fotografa fine-art con influenze espressioniste. Fotografo per descrivere il lato emotivo della realtà, più che quello oggettivo, e uso la fotografia per raccontare una storia personale, intima.

Nel 1995 ho lasciato la mia professione per occuparmi solo di fotografia.
Nel 1996 ho iniziato il mio primo lavoro fine-art “Unsure Feelings”, scavando a fondo nella mia insicurezza. Fotografavo e provocavo quegli atteggiamenti di autoprotezione in cui mi riconoscevo. Non era fotografia di strada, ma il riconoscimento di emozioni che erano dentro di me e che volevo diventassero reali.
Anche il progetto successivo “Close-Ups” iniziato nel 2000, è il risultato di una performance. Mi avvicinavo così tanto al volto della persona che fotografavo, che era come se volessi entrargli dentro. Ma più mi avvicinavo, più la distanza dalla sua identità aumentava, incapace di colmare la solitudine.
In “I GIVE UP: l’Ultimo Viaggio. Il Sogno”, iniziato nel 2002, le mie immagini hanno incominciato ad avere come soggetto la Terra, che fotografo con un senso di nostalgia e di perdita, di rispetto e pudore. Anche questo lavoro è il risultato di un’azione fotografica. Inquadravo con l’obiettivo perfettamente a fuoco e poi sfocavo completamente, scattando solo se l’immagine funzionava comunque. Non volevo vedere, volevo sentire quello che avveniva dentro di me.
Questi primi tre progetti sono stati fatti in pellicola bianco e nero, e sono stati tutti manipolati, o in camera oscura o/e in elaborazione digitale.
“Eden”, iniziato nel 2007, è il mio primo progetto a colori, ed anche il primo senza soggetto umano. E’ un grido d’amore per la Terra, ma è anche la consapevolezza che è un Paradiso dove non siamo ammessi a vivere per sempre, perchè l’Eden non è un luogo, ma un sogno della mente, è la ricerca della felicità perduta.

Parallelamente alla fotografia fine-art ho affrontato tematiche di reportage sociale, destinate prevalentemente alla pubblicazione di libri, interessata soprattutto all’emarginazione, alla solitudine, al senso di non appartenenza di tutti coloro di cui generalmente non si parla, di coloro che non contano.
Nel 2000, con la Fondazione Emilia Bosis di Bergamo, che si occupa della riabilitazione di persone con malattie psichiatriche, sono andata in Patagonia per documentare il loro viaggio. E’ stato allora che per la prima volta ho fatto fotografare persone con problemi psichici. Ne è nata una mostra ed un libro con foto mie e loro e con la curatela di Roberto Mutti. Nel 2003 ho incominciato con la Fondazione il primo laboratorio “Fotografo perché esisto”, così intitolato perché volevo stimolare persone, che a causa della loro malattia non si vogliono abbastanza bene, a raccontare la loro vita con tutti gli elementi che la compongono: gli oggetti, le persone, i luoghi e le loro attività. Anche in questo caso è stata fatta una mostra al Centro San Fedele di Milano con la curatela di Gigliola Foschi. Da allora conduco laboratori espressivi, educativi e terapeutici di fotografia, prevalentemente in ambito psichiatrico, ma anche per bambini, adolescenti, disabili, adulti e in genere nella relazione d’aiuto, per favorire processi di benessere e di crescita personale.